Tutela dei pazienti neuromuscolari. Le scelte dei politici devono essere finalizzate al beneficio

L’Ufficio Nazionale del Garante della persona disabile APS, le “Aquile di
Palermo Onlus e l’Associazione Dodò Onlus, si associano alla resistenza opposta dalle diverse Associazioni di tutela dei pazienti neuromuscolari di Palermo ed altre province, contro la decisione di mettere in disarmo l’oramai noto e pregiato Centro di riferimento regionale “Tonino Finocchio” che da quasi trent’anni presso l’Ospedale
“Vincenzo Cervello”, garantisce l’assistenza di detti pazienti con particolare riferimento agli aspetti critici di tipo respiratorio che li contraddistinguono.
Tutto ciò mediante una duratura ed importante attività di coordinamento
svolta da una specialista pneumologa formatasi in ambito C.N.R. Grazia
Crescimanno, che ha finito per conoscere la storia clinica e personale di centinaia di
pazienti di tutta la Sicilia per averli seguiti ed assistiti passo passo in questi decenni.
Attività questa che, oggi, si è resa ancora più intensa dopo la chiusura del Centro Nemo di Messina, dal quale è conseguita la migrazione a Palermo anche dei
pazienti del territorio Messinese e del Catanese. Si ricorda che moltissimi di tali
pazienti si muovono con ventilatori polmonari h24 al seguito.
Le tre associazioni sono convinte della bontà delle ragioni che portano
i Presidenti Roberto Di Pietro (Associazione Italiana Glicogenesi) e Giovanni D’Aiuto della UILDM di Palermo e delle altre ancora, a chiedere con forza che la scelta di assegnare gli spazi in cui opera il “Centro di Riferimento” ad altre finalità, venga sospesa o ritardata almeno fino a quando, senza soluzione di continuità, non vengano creati in altri luoghi le medesime condizioni di “assistenza e di funzionalità” delle quali fino ad oggi i pazienti neuromuscolari della Sicilia hanno potuto disporre con grande fiducia.

Questa “particolare” scelta aziendale è obiettivamente ingiustificabile. Impensabile l’idea di fare sloggiare i pazienti neuromuscolari dal Centro in
cui fino ad ora sono stati seguiti, in altri locali/reparti ospedalieri, tra l’altro privi dei
requisiti necessari di vivibilità, secondo gli standard di un paziente che non muove
spesso neanche un dito e che ha costantemente bisogno di un care giver.
Costituisce anche un aggravante, per chi ha disposto formalmente questa
“dismissione”, la circostanza che con ampi margini di certezza risulta oggettivamente
prefigurabile che tale operazione realizza una aperta compressione del diritto
fondamentale alla salute di tali particolari pazienti e di mettere, persino, a rischio la
loro sopravvivenza. Questo, in effetti, il grande timore delle famiglie e dei pazienti
neuromuscolari, in quanto strettamente collegato al fatto che già tutti hanno
sperimentato situazioni non positive allorché siano stati presi in carico da strutture medico-ospedaliere non perfettamente adeguate, sul piano delle esperienze, nel trattamento delle complicanze che sovente si presentano in tale peculiare ambito clinico.
Infine, le medesime associazioni, per lo specifico caso, ritengono che le scelte
di tipo politico/aziendale hanno pur sempre dei limiti e se esse sono dirette a
modificare situazioni organizzative già ben consolidate, i cui risultati positivi risultino
oggettivamente valutabili sotto diverse angolature ( livello di assistenza, prontezza
nell’intervento dei casi critici, fidelizzazione e riconoscimenti dell’utenza nei riguardi
del Centro di riferimento e del suo personale, altro). In tal caso sarà difficile che esse possano rimanere nell’ambito delle responsabilità politiche.
Sembra, invece, che la fattispecie, per la consapevolezza di chi pone in essere
la scelta politico-aziendale in questione, che guarda poco alla “persona”, e pone a
rischio la salute di particolari pazienti costringendoli a spostarsi in altre strutture, le sue responsabilità si espandono a possibili ipotesi di una colpevole condotta, stante lo stretto collegamento sussistente tra la medesima scelta aziendale e la
compressione e/o negazione del diritto alla buona qualità dell’assistenza da garantire a tutti i pazienti in relazione alle loro condizioni di salute”.

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