
“Biblio Road” è una raccolta delle più memorabili copertine della storia del rock, raccontata in italiano e in inglese da Filippo Barbaro, ovviamente grande conoscitore dell’universo pop rock e grande collezionista di vinili. Lo abbiamo intervistato.
Filippo il modo di ascoltare musica è cambiato. Con i vinili si stava magari seduti in poltrona ascoltando la musica preferita e sognando sulla figura della copertina del vinile. Adesso invece si sta magari con lo smartphone, ascoltando la musica e vedendo il filmato del videoclip. Secondo te qual è la differenza sostanziale tra i due modi di ascoltare la musica con il supporto delle immagini?
“Certo, un conto era ascoltare i vinili e guardarsi le copertine, un conto, come adesso, è guardarsi il videoclip e ascoltare contemporaneamente la musica. Sinceramente per me è un modo strano di interpretare la musica perché non è più soggettivo ma cambia totalmente tutto, nel senso che guardare la copertina ascoltando la musica può aiutare la fantasia e quindi portare a spaziare nel proprio raggio di azione, assecondando la propria immaginazione. Quello succede è che il nostro inconscio ci prende per mano e ci guida all’interno di questo “viaggio” dentro di noi e insieme al brano dell’album che stiamo ascoltando.
Invece quando ascoltiamo la musica guardando il video siamo “costretti” dentro un tunnel. Guardiamo dentro quel tunnel dove qualcun altro ha deciso per noi quali dovessero esssere i contenuti, e basta. Quindi c’è sostanzialmente un abisso tra il modo di fruire la musica adesso e come era prima. Ma, a quanto pare si sta tornando a quei tempi“.
Possiamo dire, guardando la copertina di un disco che non conosciamo, di che musica si tratta?
“Praticamente sì, perché le copertine, diciamo che vero è che sono l’avanguardia del disco, la presentazione del contenuto musicale. Di solito hanno fatto da apripista all’immaginazione, comunicando un’anticipazione di quello che potesse essere inciso sul vinile. Anche se, ovviamente non necessariamente è così. Immagina Bianca, l’altro personaggio, ossia la sorella di Valentina di Guido Crepax, distesa su tre facciate di copertina dell’LP, che si presenta in tutta la sua bellezza e però il contenuto del vinile è totalmente diverso da quello che ti aspetti. Così come accade con Atom Heart Mother dei Pink Floyd la cui copertina è la foto di una mucca che pascola su un prato verde. Ma quello che c’è dentro è tutt’altro“.
Quindi potremmo descrivere e catalogare gli stili musicali anche attraverso le copertine dei dischi.
No, non possiamo catalogare gli stili musicali attraverso le copertine dei dischi sarebbe molto restrittivo Anzi direi anche impossibile“.
Come si è trasformato nel tempo lo stile delle copertine?
“Lo stile nelle copertine si è trasformato nella misura in cui i creativi ovvero sia coloro che hanno partecipato alle stesure delle copertine non si sono evoluti. Certo non parlo dello studio “Hipgnosis” di Londra per esempio, che ha curato quasi tutte le copertine dei Pink Floyd, o alcuni gruppi che hanno scelto per le copertine quadri di Escher, che sono abbastanza fantasiosi e intriganti. Cito di nuovo il gruppo italiano Garybaldi e il loro album con il disegno di Bianca, il personaggio di Guido Crepax. O, ancora, un album di Sergio Endrigo c’è anche qui disegnata una donna su tre facciate ma non ha niente a che vedere con la bellissima ed eroticamente interessante Bianca di Crepax ma bensì una donna più particolare molto più paciocca, più casalinga. Ecco qui ci sono delle differenze. Stesso soggetto e stili lontani tra loro.“.

Qual è il disco per il quale avresti voluto concepire una copertina? E come sarebbe stata?
“Il disco che avrei voluto disegnare è Mythodea di Vangelis Papathanassiou è un doppio album che parla appunto del mito degli Dei dell’Olimpo e devo dire che a me piace particolarmente anche perché dopo Frank Zappa, Vangelis è uno dei tre miei preferiti (il terzo e Giorgio Gaber) quindi ho questi tre punti di riferimento Zappa, il folle, il genio e il geniale Vangelis, che rappresenta il Mediterraneo e si esprime con la sua musica che ci accompagna e ci coccola quasi, portandoci nei suoi voli pindarici. Tra le sue musiche ricordiamo Blade Runner, la colonna sonora di Momenti di Gloria. Si tratta di un compositore che ho avuto tra l’altro anche la fortuna di vedere all’opera. I miei tre preferiti li ho anche visti tutti e tre, Frank Zappa nell’82 qui a Palermo, Vangelis nell’89 alle Terme di Caracalla e Giorgio Gaber qui a Palermo nel 95. La copertina di Mythodea, se l’avessi disegnata io, anziché mettere in fotografia una porzione di Tempio io avrei fatto più esplicitamente un disegno disegnando gli dei e avrei dato delle funzioni all’interno di un disegno dove il movimento l’avrebbe fatta da padrone“.

Qual è la tua copertina preferita?
“Non è facile fare una scelta definitiva. Amo Roger Dean che ha curato il 90% delle copertine degli Yes. Amo ovviamente Andy Warhol che si è divertito a a fare copertine, tra l’altro non solo per i Velvet Underground ma anche per Miguel Bosè per esempio. Ecco la mia preferita alla fine, si, ne ho parlato ne riparlo e ne continua a parlare, è Bianca di Guido Crepax nell’album di del gruppo Garybaldi.

La più divertente?
“Sicuramente We’re only in it for the money ossia “ci siamo solo per denaro” , dove il grande Frank Zappa ha ricreato, scimmiottandola, la famosa copertina di Sergeant Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles e, ovviamente, ci ha messo i personaggi che piacciono a lui“.

La più strana?
“La più strana, nel senso di molto particolare, è una raccolta dei Rolling Stones in cui la copertina è un esagono ossia non è la classica copertina quadrata ma è proprio a forma di esagono. Ma anche Thick as a Brick dei Jethro Tull che non è altro che un un giornale che si può tranquillamente leggere e sfogliare e dove c’è persino il cruciverba alla fine”.
Ce ne saranno anche di “sbagliate ” nel senso che non sono in linea con il contenuto musicale?
“Allora credo che sia errato parlare di copertine sbagliate, credo che sia errato come termine. Perché ripeto quasi continuando il discorso di qualche domanda fa, non ci sono copertine sbagliate, ma sono interpretazioni fatte dai vari studio e dai loro creativi che hanno disegnato la copertina. Che non è tanto il problema del dover ricalcare il contenuto musicale sulla copertina quanto il cercare di dare quanta più visibilità alla copertina stessa. Poi se poi all’interno c’è musica sacra o l’ultima hit di Rita Pavone o una composizione di Sid Vicious dei Sex Pistols non gliene può fregar di meno insomma. Ecco è soltanto una questione di visibilità“.
Hai un aneddoto che ti va di raccontare?
“Per esempio nelle mie mostre c’è sempre qualcuno che temporeggia sulla famosa banana di Andy Warhol, che poi suggerisce appunto “aprila e guarda” quindi proprio “sbuccia la banana”. Insomma perché ovviamente c’è un un chiaro e palese riferimento all’organo sessuale maschile. Mi vengono in mente gli Squallor che prima attizzano la nostra eccitazione e poi la spengono, per lasciare spazio ad una risata liberatoria”.
Riesci a immaginare un libro come “Biblio Road” anche per i vinili di classica piuttosto che di musica napoletana o folk?
“In effetti non riesco a immaginare copertine particolari per i vinili di musica classica, o di musica napoletana piuttosto che di musica folk. C’è un album di Rosa Balistreri dove c’è un quadro di Caruso. Nell’ambito della musica classica le copertine sfruttano dei quadri di autori del passato di grande rilievo. Si vuole rimarcare l’importanza della Nona di Beethoven, tanto per dirne una, con un quadro di De Chirico o di Rembrandt. Ecco non so per quale motivo la musica classica viene sempre associata a qualcosa di serio di importante. Sembra una mera ripetizione. Ci vorrebbe forse un po’ più di spirito creativo“.
